"O io o la casa, non possiamo essere belle entrambe", questo diceva un vecchio magnete da frigo che avevo messo nell'appartamento che dividevo con mio fratello, molti anni fa. Crescendo l'ho tolto (anche perché era un po' sessista) ma tutto sommato il concetto è ancora lì, in qualche area del mio cervello disordinato, ed è riemerso proprio ora che ho pensato di scrivere questo articolo. Perché, alla fine, è un po' la stessa cosa: se hai un numero di risorse limitato, è inutile cercare di fare troppe cose, non te ne verrà bene neppure una.


Ecosostenibile, equosolidale e biologico sono tre concetti diversi. La pubblicità spesso fa una macedonia, un bel mischione, usandoli quasi come sinonimi, ma non è affatto così. Hanno punti di contatto, va bene, ma anche divergenze tali da richiedere enormi spese finanziarie e di risorse per essere colmate (e questo è proprio parte del problema, come vedremo).


Iniziamo dall'agricoltura biologica, che indica un metodo di coltivazione e di allevamento che ammette solo l’impiego di sostanze naturali, presenti cioè in natura, escludendo l’utilizzo di sostanze di sintesi chimica (concimi, diserbanti, insetticidi). I regolamenti dell'Unione europea sull'agricoltura biologica sono concepiti per fornire una struttura chiara per la produzione di prodotti biologici in tutta l'UE e sono molto stringenti, specificando nel dettaglio cosa si possa somministrare, quando si debbano mettere in atto trattamenti e procedure. Le regolamentazioni sono spesso aggiornate per coprire moltissimi dettagli e solo chi li rispetta tutti può ottenere la certificazione biologica. Non è che non usino del tutto fitofarmaci e pesticidi, semplicemente lo fanno tramite modalità controllate. Peraltro, la scienza è divisa a riguardo: alcuni studi fanno emergere che restino minori concentrazioni di fitofarmaci, altri che invece non ci sia differenza alcuna né come concentrazione finale di chimici, né come proprietà nutrizionali dell'alimento. D'altronde, se acquistare biologico non è garanzia che il prodotto sia migliore di uno non biologico, si ha almeno la certezza che sia molto controllato e mediamente più genuino.


Che qualcosa sia biologico, però, non implica che sia anche sostenibile. Per fare un esempio assolutamente sciocco, posso coltivare qualcosa senza usare mezzo pesticida e innaffiandolo solo con lacrime di vergini che danzano alla luce della luna piena, rendendolo perfettamente coerente con le regole dell'agricoltura biologica, ma se per farlo ho disboscato una foresta, poi imballo singolarmente ogni frutto nella plastica e lo spedisco dallo Zimbabwe a Macerata usando un jet privato, capite che magari la sostenibilità è un po' andata a farsi friggere.


Sostenibilità che, peraltro, significa soddisfare il fabbisogno dell’umanità, che si tratti di cibo o di tessuti, senza che questa attività sia destinata a penalizzare le esigenze delle generazioni future. Si divide in due diverse accezioni: prodotti ecosostenibli ed equosolidali. Anche qui, ci sono punti di contatto fra loro, ma non sono necessari e sufficienti l'uno all'altro.


Per un'agricoltura davvero ecosostenibile, si deve agire su ogni passo della filiera. Un primo obiettivo è di aumentare produttività, occupazione e valore aggiunto nei sistemi alimentari, attraverso un cambiamento delle pratiche e dei processi agricoli improntato ad ottimizzare i consumi di acqua ed energia. Vi è inoltre il proposito di protezione e miglioramento delle risorse naturali: in quest’ambito rientrano la conservazione dell’ambiente, il contenimento dell’inquinamento delle fonti idriche e la lotta alla distruzione di habitat e degli ecosistemi, il deterioramento dei terreni. Dagli OGM a sistemi innovativi, passando per l'agricoltura di precisione, ultimamente si impiega sempre più ricerca e tecnologia, per ottimizzare i processi: può far paura in alcuni casi, ma si riescono ad ottenere risultati quasi fantascientifici.


Per fare un altro esempio stupidino, se creassimo un gigantesco tipo di grano OGM con spighe grosse come autobus che ha pochissimo bisogno d'acqua e occupa pochissimo posto in orizzontale, e mettessimo dei bambini ad agitare degli scacciamosche per allontanare gli insetti, sarebbe decisamente ecosostenibile: quasi nessun pesticida, poca acqua, poco spazio impiegato per la coltura. Certo, sarebbe impossibile definirlo biologico. O equosolidale. O anche solo umano. E considerando la foresta di spighe-autobus che ne deriverebbe, neppure troppo bellino da guardare, mi sa.


Il commercio equosolidale ha alcuni punti di contatto con l'ecosostenibile, ma prima chiariamo per sommi capi cosa intenda: si parla di un approccio che promuove giustizia sociale ed economica, migliorando le condizioni di vita dei produttori e proteggendo i diritti umani di tutti - sia i coinvolti della filiera produttiva sia coloro che ne vengono coinvolti indirettamente.


Come si immagina, le parti della filiera ecosostenibile dedicato a proteggere i terreni e gli habitat naturali, che impediscono la circolazione di pesticidi o diserbanti, che prevengono deforestazione o desertificazione, spesso sono di estrema utilità a tutti quegli individui che in quei territori ci vivono e ne traggono sostentamento.


Però, ad esempio, ci sono anche difficoltà: spesso la base dell'approccio equosolidale sta nel ridare al produttore in mano il controllo della filiera produttiva, strappandolo dunque dal controllo delle grandi multinazionali. Ma senza le risorse delle grandi aziende, chi avrebbe i fondi da investire per i mezzi adeguati e le risorse di cui abbiamo parlato sinora?


Esempio stupido numero tre: il piccolo produttore che viene pagato equamente in canali di vendita costanti e coerenti, a cui dunque è permesso di vivere decorosamente e di sviluppare al meglio il suo villaggio, è un'immagine estremamente edificante. Ora immaginiamolo però mentre lavora il suo orticello con un vecchio, solido trattore alimentato direttamente a petrolio e cuccioli di foca e che concima il terreno direttamente con scarti di plutonio perché "un po' di brillio nelle foglie fa salute".


Non molto biologico, direi, né ecosostenibile.


Insomma, biologico, ecosostenibile ed equosolidale sono tre cose diverse ed indipendenti, l'abbiamo capito. Chi ha solo uno di questi aspetti e si vanta di avere anche gli altri come fosse un fatto dovuto, è biasimabile e sta facendo green claim (non sai cosa siano i green claim? Cercate il post sul greenwashing!). Ma sono anche incompatibili? La risposta breve è: no. E' possibile abbracciare due, o anche tutti e tre gli aspetti. E quando succede, è un esempio virtuoso che va sostenuto in ogni modo possibile, perché sono quegli gli esempi che possono trascinare il genere umano fuori dalla precaria situazione in cui siamo. Non esiste il magnete da frigo con scritto "O il cibo o il pianeta, non possono essere genuini entrambi" e speriamo non esista mai, ma nel caso saremo qui a mostrare come un magnete si possa sbagliare.

Articolo scritto da Gloria Pignocco

Sono Gloria (l'Altra), ho 33 anni e nella mia vita ho avuto la fortuna di studiare un po' di questo ed un po' di quello, spaziando dall'erboristeria all'infermieristica. Questo mi ha reso esperta di poco, ma curiosa di tutto. L'amore per i viaggi e per la comunione con la natura mi hanno spinto a cercare di approcciarmi in modo un po' più attento e consapevole all'impatto che abbiamo su questa terra come genere umano. Il fatto di essere fondamentalmente una scemotta con un senso dell'umorismo da dodicenne fa il resto.

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